8-2-2002
CHARLES BAUDELAIRE
(1821 - 1867)
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 Spleen 
 Quando come un coperchio il cielo pesa grave e basso sull’anima gemente in preda a lunghi affanni, e quando versa su noi, dell’orizzonte tutto il giro 
 abbracciando, una luce nera triste più delle notti; e quando si è mutata la terra in una cella umida, dove se ne va su pei muri la Speranza 
 sbattendo la sua timida ala, come un pipistrello che la testa picchia su fradici soffitti; e quando imita la pioggia, nel mostrare le sue striscie 
 infinite, le sbarre de una vasta prigione, e quando un popolo silente di infami ragni tende le sue reti in fondo ad i cervelli nostri, a un tratto 
 furiosamente scattano campane, lanciando verso il cielo un urlo atroce come spiriti erranti, senza patria, che si mettano a gemere ostinati. 
 E lunghi funerali lentamente senza tamburi sfilano né musica dentro l’anima: vinta, la Speranza piange, e l’atroce Angoscia sul mio cranio pianta, dèspota, il suo vessillo nero. 
 | LXXVIII - Spleen 
    Quand le ciel bas et lourd pèse 
    comme un couvercle 
    Quand la terre est changée en un 
    cachot humide, 
    Quand la pluie étalant ses 
    immenses traînées 
    Des cloches tout à coup sautent 
    avec furie 
    - Et de longs corbillards, sans 
    tambours ni musique, 
 
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 Ti dono questi versi, che se un giorno felicemente approderà il mio nome alle lontane età e farà sognare qualche sera i cervelli degli umani, vascello assecondato da un gran vento, 
 la memoria di te, pari alle favole incerte, come un timpano il lettore fiacchi e rimanga appesa con fraterno anello d’una mistica catena 
 alle mie rime altere, o maledetto essere, cui dal baratro profondo fino al più alto cielo nulla echeggia, eccetto la mia voce! Come un’ombra dall’effimera traccia, tu calpesti, 
 serena nello sguardo e con un lieve piede, i mortali stupidi che amara t’han giudicata, o statua degli occhi di gè, o dalla fonte bronzea angelo! 
 
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 XXXIX 
    Je te donne ces vers afin que si 
    mon nom 
    Ta mémoire, pareille aux fables 
    incertaines, 
    Etre maudit à qui, de l'abîme 
    profond 
    Foules d'un pied léger et d'un 
    regard serein 
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 Crepuscolo della sera 
 
 Ecco la sera affascinante, amica del criminale, scende come un complice con un passo di lupo; lentamente si chiude il cielo come una grande alcova e si converte in belva atroce l’uomo impaziente. O sera, dolce sera sospirata da quelli le cui braccia senza mentire possono dire: “Oggi abbiamo faticato”. – Dà la sera un sollievo agli spiriti straziati da un dolore selvaggio, all’ostinato sapiente la cui fronte già si piega, all’operaio che al suo letto, curvo ritorna. Tuttavia, nell’atmosfera si svegliano dei demoni malsani, pesantemente, quasi fossero uomini d’affari, e, nel volare, sulle imposte e sui portelli sbattono. Attraverso le fioche luci che tormenta il vento, la Prostituzione nelle strade s’accende e le sue uscite schiude come un formicaio; dappertutto s’apre una nascosta via, come il nemico che tenta una sorpresa; come un verme che ruba all’Uomo ciò che mangia, in mezzo alla città fangosa si trascina. S’odon qua e là cucine sibilare, mugolare teatri, risonare le orchestre, i ristoranti a prezzo fisso in cui il gioco è attrattiva, si riempiono di prostitute e truffatori, loro complici, e ladri, senza tregua e senza quartiere, presto anch’essi inizieranno a lavorare ed a forzare, lievi, e casse e porte, per potere campare qualche giorno e vestire le loro amanti. 
 Anima mia, raccogliti in silenzio, in questa ora terribile; al ruggito chiudi le orecchie. È questa l’ora in cui ai malati i dolori si inaspriscono; e li afferra la Notte oscura, torbida per la gola; si spengono alla vita e s’incamminano al comune abisso; l’ospedale si colma di sospiri. Molti più non verranno accanto al fuoco presso un’anima amata, a sera, a prendere una calda minestra profumata. 
 E i più di loro la dolcezza buona del focolare non han mai potuto conoscere, e non hanno mai vissuto! 
 
 | XCV - Le Crépuscule du Soir 
    Voici le soir 
    charmant, ami du criminel; 
    O soir, aimable 
    soir, désiré par celui 
    Recueille-toi, 
    mon âme, en ce grave moment, 
    Encore la 
    plupart n'ont-ils jamais connu 
 
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| "Les fleurs du mal", 1857 |